Ilaria Rezzi: pittrice della molteplicità unica e tanta

Scritto da Flavio Patrizio Romano d’Agate

Dice Novalis che le evoluzioni successive sempre piú crescenti sono la materia della storia. La pittura della Rezzi è, a un’indagine attenta, il completamento visivo di tale pensiero. Sulle tele della Rezzi è possibile rinvenire la sintesi policromatica ed extrarappresentativa del volo dell’Arte Contemporanea fra i nembi del mondo attuale, simile a una virgiliana Fama dai mille occhi di cui la Rezzi si dimostra abile falconiera, erculea risolvitrice dello zodiacale manifestarsi della creatività.

Nella Rezzi la pittura si fa religione, cioè “unione” degli elementi del vivere rappresentativo in una Sintesi ad essi superiore e che tutto di essi comprende nel suo superarli. Nell’estro creativo della Rezzi tale Sintesi ha trovato il suo più forte fiorire nei suoi Collages, che nella raffinatezza del dettaglio integrano, e forse superano per via d’una superiore sapienza ascosa, quelli di un Michael Anderson o di un Derek Gore. Nei suoi Collages troviamo compiuta la presa di coscienza della missione dell’Arte Contemporanea, di un moltiplicarsi dei pani d’anima.

Può un delfino di una foto di rivista divenire la spalla del vegliardo corrugato che sovrasta il Venere e Amore del Bronzino? Possono tacchi rossi e rossetti presi da riviste di alta moda divenire il rosso vestito della S.Cecilia di Orazio Gentileschi? Tale è l’arte dei Collages della Rezzi, densa di un pensare artistico e perciò non cerebrale, una reincarnazione delle dinamiche arcimboldiane, caleidoscopicamente provvida di radiose motivazioni formatrici. Arte rischiosa, un’evoluzione del rischio pittorico a metà tra la pittura e la scultura essendo nei Collages il colore una forma già fatta che chiede alla fantasia dell’Artista di trascendere in un’estetica superiore. Ogni colore si richiama a un tema: la “tavolozza” dei rossi viene espressa da elementi di glamour, quella degli incarnati si esprime attraverso figure di alimenti chiari (formaggi, pani, ecc.). Si potrebbe dire che ad ogni colore corrisponda un tema. Inoltre l’abbozzo delle figure viene raggiunto con immagini grandi adeguate all’uopo via via accompagnate da immagini più piccole, sempre adeguate, come in una velatura non di colori bensì di forme, dando vita a una polifonia di significati che nelle forme si unisce all’orchestra sinfonica dei colori testimoniando il Verbo interiore dell’Artista.

Se non fossero esistite ragazze e ragazzi fotografati commercialmente e le immagini pubblicitarie di ogni genere di prodotti ecc., i Collages della Rezzi non avrebbero potuto esistere: così l’artista trasforma in nobili immagini volgenti all’imperituro ciò che altrimenti non avrebbe altrettanta nobiltà perché destinato al perituro consumarsi di sé, essendo nel loro isolamento mera commerciabilità. Così la Rezzi testimonia l’alchemica trasformazione del piombo in oro, del male in bene, mediante il libero atto umano creatore. In definitiva i Collages della Rezzi redimono il buon ladrone della fotografia commerciale, imprigionata nella sua fissità acontenutistica, trasfigurandola in elemento pittorico dinamico componente la luce di una grande opera d’arte, che si veste di frattalità per ridarsi nuda unità. Ancor più speciale, in quanto l’insieme si coglie guardando da lontano anziché da vicino: l’essenziale giunge quindi dall’insieme della sintesi, anziché dal particolare dell’analisi. La sintesi è sempre vera perché è intera: può dirsi altrettanto dell’analisi?

Guardando i Collages della Rezzi sorge l’idea di voler essere a immagine e somiglianza di quelle immagini multiple, come se fosse intrinseco alla natura umana il desiderio di moltiplicarsi in miriadi di figure, umane e non, danzanti in un’unità cosmica la quale anch’essa si diventa: mondo e figura, onde avere tutto il percepire, il tutto moltiplicato nell’unità, per un percepire per così dire “onnisenziente”, fatto di miriadi di percezioni contemporanee sorgenti ognuna dall’anima altra che pur si fa nostra, come trasformando in tanti corpi, in tanti organi di movimento e percezione, le immagini sacre indù dalle molte braccia.

Ilaria Rezzi fa parte della luce d’avanguardia della stella mattutina post-contemporanea annunciante l’Aurora di un nuovo Rinascimento: l’Arte dell’Io.

ARTE: A ROMA I PECCATI CAPITALI DI ILARIA REZZI NELLA MOSTRA “PECCATI BLU”

A Roma apre la mostra di arte contemporanea, PECCATI BLU, il 12 aprile 2024, ore 18:00, presso la Artesse Gallery – Roma, Via di Ripetta 16 – Fino al 31 maggio 2024.

Venerdì 12 aprile si inaugura presso la Artesse Gallery (Via di Ripetta 16) la personale di arte contrmporanea di Ilaria Rezzi, “Peccati Blu”. La sua interpretazione dei sette peccati capitali, riportati sulle tele con uno dei soggetti pop più amati dagli appassionati di cartoon anni ‘80, i Puffi, con una tecnica abile e potente che la avvicina a quella del Caravaggio.

Ilaria Rezzi ci porta nel suo regno incantato, esplorando l’anima umana attraverso una ricerca artistica che la accosta alla corrente pop surrealista. Nata nel 1978, la sua passione per i Puffi si mescola con un talento innato, trasformando i personaggi in archetipi umani sulle sue tele.

Ogni dipinto rappresenta un peccato capitale, esplorando la complessità simbolica e umana di ogni Puffo.

Il significato delle opere

Attraverso la mostra Rezzi invita a esplorare le profondità dell’anima umana, offrendo una riflessione su antiche culture e trasformazioni personali.

Un viaggio straordinario dove luce e fantasia si fondono in un’esplosione di significato e bellezza.

Partendo dalla tradizione esoterica che vedeva i peccati come ostacoli all’evoluzione personale e non una colpa da cercare all’interno di noi stessi Ilaria Rezzi ci guida in una lettura ampia arricchendo ciò che comunemente riteniamo vizi. 

Nell’ira, dipinge un Puffo intento a risolvere un cubo di Rubik, altro grande protagonista di allora e di oggi (il 2024 e proprio l’anno del cinquantesimo anniversario dell’invenzione del popolare gioco di abilità) il volto contratto dalla frustrazione e la mente bloccata, la chiusura mentale di cui parla appunto la tradizione esoterica. 

La superbia è incarnata da un Puffo insignito del titolo di “Person of the Year” su una copertina del Time, un’icona del desiderio umano di riconoscimento e gloria. 

L’avarizia è rappresentata da un Puffo solitario, seduto su un gruzzolo di tesori come un eremita su una cima di una montagna, anche qui la sfumatura dell’origine più antica come blocco evolutivo è l’isolamento sociale. 

La lussuria, non solo intesa in senso sessuale ma come desiderio vorace di controllo, geniale rappresentazione del dipinto puzzle ricco di interpretazioni, dove non solo i Puffi si ergono come simboli di possesso e dominio. 

La gola è raffigurata con una capacità rappresentativa tale, che le pietanze arrivano verso di noi e invitano a farsi assaggiare. La loro bellezza cela il pericolo dello spreco e del danno, che rimanda a chi butta via tutto quello che inizia, prigioniero del suo stesso desiderio insaziabile, incapace di trovare soddisfazione. 

L’invidia è il Puffo che brama di saper fare ciò che non gli riesce. Imitando ciò che qualcun altro ha fatto, probabilmente senza aver scelto cosa ma semplicemente seguendo la moda. 

L’accidia è rappresentata da libri non letti e una libreria a cui non si dà importanza, simbolo dell’indifferenza verso l’arricchimento intellettuale e il confronto interiore. È per questo che la storia esoterica vuole che l’accidia sia dei peccati il più simbolico tra i blocchi evolutivi, quello che raccoglie la mancata libertà di chi ci vuole ridotti in schiavitù. 

Attraverso la mostra personale presentata dalla galleria Artesse sui sette peccati capitali, Ilaria Rezzi ci invita a esplorare le profondità dell’anima umana, tracciando un percorso che affonda le radici nelle antiche culture pagane e cristiane. 

Ogni opera è un portale verso mondi nascosti e verità sottili, un invito alla riflessione e alla trasformazione, senza dimenticare la parte leggera ludica e superficiale della realtà. 

Uno straordinario viaggio attraverso la sua arte, dove la luce di Caravaggio e il fantastico dei Puffi si fondono in un’esplosione di significato e bellezza.